Arriva il rivoluzionario gel ecografico: è stato brevettato a Pisa

Intervista a Claudio Bandini, medico e biologo molecolare

Dall’Università di Pisa arriva un’importante novità per il campo medico. Si tratta del gel ecografico antibatterico, antivirale e antifungino, nuova scoperta sviluppata dal dottore Claudio Bandini, laureato in scienze biologiche molecolari e in medicina e chirurgia e allievo della scuola di specializzazione in radiodiagnostica dell’Ateneo pisano diretta dal professore Emanuele Neri. Si tratta di un importante passo avanti in campo diagnostico ed interventistico ecografico. Il gel ecografico, presentato pubblicamente al Forum mondiale per la medicina di Dusseldorf, si distingue per la sua formulazione innovativa e brevettata poiché antibatterica, antivirale (denaturante anche il Sars-CoV2, ben noto per la pandemia) e antifungina: questo assume un’importanza cruciale considerando che le procedure ecografiche sono direttamente correlate a un aumento considerevole dei rischi di infezione trasmesse tramite la sonda.

Dottor Bandini, di cosa si tratta nello specifico?
Si tratta di un gel ecografico con componenti sicure, che gli conferiscono un potere antibatterico, antivirale e antifungino, dimostrato dai test a cui lo abbiamo sottoposto. Questo consente una maggiore sicurezza sia per il paziente che per l’operatore. L’intento è di abbassare le infezioni trasmesse tramite la sonda ecografica. A tale riguardo, condivido alcuni dati utili al lettore, oltre che ai pazienti, riguardanti il quadro precario delle infezioni nosocomiali e dei vettori possibili: il 74% di tutti i rischi per la salute connessi all’uso di apparecchiature ecografiche sono correlate a apparecchiature disinfettate impropriamente. Nel 2017 è stato pubblicato il primo studio per indagare il rischio di trasmissione di infezioni connesso all’uso di ultrasuoni che dimostrava che i pazienti sottoposti a scansioni transrettali erano 3,4 volte più propensi ad avere colture positive e a ricevere antibiotici (sviluppo connesso di resistenze batteriche). Inoltre, è stato anche stabilito che >80% dei manici della sonda sono contaminati da agenti patogeni, tra cui Staphylococcus aureus resistente alla meticillina. Sono stati segnalati focolai che implicano gel ad ultrasuoni contaminato, compresi i casi in cui hanno provocato batteriemie e morte.

Claudio Bandini
Claudio Bandini

Quali sono dunque le funzioni di questo nuovo gel?
Procedendo per ordine: aumenta la sicurezza durante l’esecuzione dell’esame ecografico. Basti pensare che i gel sono contenuti in confezioni conservate in ambulatorio, o in reparto, per essere maneggiati dall’operatore (anche non medico). Per questo è altamente possibile una loro contaminazione. Il gel e il barattolo contenitore entrano in contatto con l’aria, la cute e i liquidi, che spesso rappresentano un veicolo di virus, batteri o funghi patogeni: non è garantita quindi la disinfezione totale. Il gel ecografico e la sonda ecografica quindi rappresentano dei vettori di trasmissione di infezioni. Oltre a questo, il più delle volte il barattolo del gel è riscaldato e poi riutilizzato tra un esame e l’altro e tra una seduta e l’altra e costituisce serbatoio. Un secondo aspetto: abbatte i costi ospedalieri diminuendo il deterioramento della sonda ecografica: i disinfettanti più utilizzati deteriorano la sonda velocemente e quelli specifici costano molto e spesso negli ospedali non si trovano. In più: abbassa la quantità di rifiuti ospedalieri che servirebbero per avere la stessa sicurezza (uso disinfettanti, carta) e riduce le infezioni, anche nei paesi in cui le risorse economiche sono scarse proprio perché, ho imposto a me stesso e alle aziende un costo del gel pressoché sovrapponibile al suo predecessore. A questo proposito, potrà essere impiegato anche nei paesi in cui la disinfezione degli ecografi e delle sonde è deficitaria per mancanza di risorse.

Quando ha iniziato a lavorare a questa ricerca e quali erano le sue aspettative?
Quando ho cominciato a lavorare a questo progetto, durante la pandemia COVID-19, ho pensato di creare un dispositivo che fosse sicuro sia per il paziente che per l’operatore, ma anche che potesse essere fruibile da tutti. Questo pensiero è nato perché dal punto di vista medico mancava un dispositivo del genere: era dunque necessario. Non pensavo che sarei riuscito a individuare i componenti giusti e che, soprattutto di riuscire a individuare una formulazione che non inficiasse la trasmissione degli ultrasuoni. Non pensavo neppure che sarebbe stato possibile riuscire a distribuirlo a un costo contenuto. Ho ricevuto molti riscontri positivi, da medici radiologi e da altri specialisti, compresi direttori e professori di aziende sanitarie.

Il brevetto è stato presentato pubblicamente al Forum mondiale per la medicina di Dusseldorf. Adesso a che punto siamo?
Esattamente, ma ciò che più mi inorgoglisce è che questo prodotto medico sia stato accolto anche in paesi che hanno una disponibilità economica inferiore alle nostre capacità e che sono svantaggiati da un evidente problema di trasmissibilità delle infezioni tramite la sonda ecografica. Nel mese di dicembre, Comedical, l’azienda con la quale collaboro, ha dato avvio alla produzione dei campioni che verranno distribuiti nei principali ospedali italiani. A questa fase seguirà la commercializzazione, che sarà pressoché contestuale. Direi dunque che siamo a buon punto.

Che cosa significa oggi essere ricercatori e contribuire allo sviluppo della medicina e delle tecniche di cura?
Io sono un medico specializzando, con un’altra laurea in biologia molecolare, ancora in formazione, non un ricercatore. Da sempre, però, ho l’ambizione di diventare un ricercatore scientifico. Fin dalla prima formazione ho cercato di concentrarmi sulle problematiche scientifiche con un occhio critico tentando di porre un possibile rimedio, partendo dall’osservazione del fenomeno. Chiaramente, essendo coinvolto, da medico, è logico che io possa osservare in maniera più diretta quali sono le criticità, che cosa manchi o meno al fenomeno stesso che osservo. Il percorso in biologia molecolare mi è servito, e continua a servirmi, per cercare di fornire una possibile soluzione al fenomeno che osservo. Certo, oggi, non è facile essere ricercatore: basti pensare ai continui tagli a cui il sistema sanitario nazionale è sottoposto. C’è poco spazio per poter contare su medici specialisti che si occupino esclusivamente delle attività ospedaliere, figuriamoci quanto ne possa rimanere a medici che si occupino di ricerca. È la ricerca scientifica però che permette di trovare nuove cure, donando ai malati nuove speranze, è essa stessa il progresso, quello stesso che salverà o migliorerà delle vite, che oggi non possono essere migliorate o salvate. In fin dei conti, anche se oggi è piuttosto difficile, credo che non esista un lavoro più bello e nobile di quello del ricercatore.

Fonte: Health Online

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